Prosegue la nostra rubrica di articolo-intervista su alcuni giovani napoletani già affermati o che si stanno facendo conoscere al grande pubblico con la loro Arte e Passione. L’intento è di raccontare l’esperienza di costoro, che rappresentano la faccia buona e pulita della Napoli che tanto amiamo.

Come diceva Chris Hedges: “La violenza è una malattia, una malattia che danneggia tutti coloro che lo usano, indipendentemente dalla causa”.

Ecco che possiamo raccontare la nostra vita, connessa alla tumultuosa città partenopea attraverso gli occhi di giovani e di artisti e delle loro esperienze.

Autore del testo “Io sono Jack Castle”, Francesco Troise si racconta con semplicità toccando tematiche forti che si intrecciano tra pensieri e pagine del romanzo

Chi è Francesco Troise?

Francesco Troise è giovane ragazzo di 25 anni nato a Napoli, nel quartiere di Miano, cresciuto in un contesto sociale, abbastanza difficile, che grazie all’aiuto della famiglia è riuscito a diplomarsi ed è riuscito a frequentare persone tranquille, la cosiddetta brava gente, e prendersi il meglio dalla società. Altro luogo che mi ha aiutato è stata la parrocchia, che oltre ha rafforzare la mia Fede, mi ha dato una visione diversa per come affrontare le difficoltà quotidiane. Oggi ho un lavoro e una fidanzata.

Perché scrivere un romanzo, qual è l’esigenza di un giovane napoletano di dover raccontare, tanto sé stesso quanto usando la fantasia?

L’esigenza di scrivere, almeno dal mio punto di vista personale, nasce dalla volontà di raccontarmi. Ovvero quando si scrive ognuno di noi si può sentire libero, raccontare sé stesso, anche forse più di quanto non si riesce nella vita di tutti i giorni.

Quando scrivi hai la sensazione di parlare con te stesso, puoi farlo senza maschere, senza dire bugie, e tirare fuori ciò che hai nei tuoi meandri, nei tuoi pensieri più reconditi, più intimi, e senza avere la preoccupazione di essere giudicato. Così potrai essere libero e sincero.

Nel momento in cui metti in scrittura te stesso non ti senti sotto una lente di ingrandimento?

Questo avviene ma fa parte di un secondo step. Oramai se pubblichi hai anche trovato il ‘coraggio’ di dire agli altri ciò che pensi o comunque di far sapere ciò che si è pensati. Questo porterà magari ad avere dialoghi con gli altri, perché il libro apre ad argomenti trattati che saranno elemento di confronto.

Chi è Jack Caste?

Il protagonista è un bambino, nato e cresciuto in America e che vive una situazione familiare molto difficile, per colpa del padre. Nel libro si leggerà perché questo padre cerca di opprimere tutti i suoi pensieri, perché cerca di non fa emergere questo figlio. Perché l’unico sentimento che prova è un sentimento continuo di odio e di cattiveria, che si tramuta spesso in violenza fisica, oltre a quella psicologica.

Io fortunatamente non sono Jack Castle e non ho subito ciò che ha subito lui. Però allo stesso tempo posso dire che lui è ciò che penso. Ciò che fa lui è ciò che avrei fatto io e rappresenta addirittura un punto di riferimento, perché è un personaggio che agisce secondo i valori anche quando è istintivo.

È un giovane che nonostante la difficile condizione familiare e la figura negativa del padre anziché deteriorarsi diviene un buon alunno, un buon amico e un buon compagno, riuscirà invece a trasformare l’odio del padre e i sentimenti cattivi in amore e in tutto ciò che il padre non vuole. Jack diventa l’opposto del padre.

Il titolo si presenta con un pronome ed un verbo deciso “Io sono Jack Castle”, quasi possessivo, perché?

Chi leggerà il libro capirà sicuramente che Jack Castle è il protagonista ma in verità lo sono tutti gli altri personaggi. Ognuno vive una storia, che seppur secondaria rispetto a quella di Jack, diventeranno fondamentali per la storia, ma soprattutto a loro volta potranno essere lo specchio del lettore. Anche quelli negativi come il padre oppure positivi come l’insegnante e la fidanzata. Quindi è un invito a far sì che ognuno possa essere o rivedersi in uno dei protagonisti. L’invito è che attraverso il libro si può affrontare una delle riflessioni che vivono i protagonisti e che possono essere le nostre. Tanto è vero che per ogni problema che si pone ci sarà una soluzione e quindi per ogni storia ci sarà un finale e quindi per ognuno una scelta se seguire su quella soluzione-riflessione. E quindi, senza presunzione, probabilmente l’agire dei personaggi potrà essere un esempio per ispirarsi alle azioni personali di ognuno di noi.

Il libro tocca la violenza, gli abusi fisici e psicologici, ovviamente essendo di fantasia tocca comunque un argomento reale e molto presente nella società di oggi; a cosa ti sei ispirato o da dove prendi ispirazione?

Sicuramente dalla società di oggi e dalle esperienze che ho sentito di alcuni amici, anche se devo dire la verità che nella città di Napoli poco si sente parlare di questa tipologia di trattamento e delle violenze sui giovani. Forse uno dei danni maggiori di oggi è il non saper ascoltare i propri figli, e quindi i genitori che sono distratti da questa vita frenetica, è legata alla quotidianità tanto da non accorgersi delle necessità. Questa forse non classificata forma di violenza è comunque un elemento che porta a conseguenze negative.

Quindi un bimbo che non è ascoltato, che non ha la possibilità di realizzare il suo sogno, e il genitore che non aiuta e non segue ed esaudisce il proprio bambino lo porta comunque a chiudersi e a farsi che avanzino conseguenze non positive.

Il libro si pone, come hai raccontato, come uno specchio per ognuno di noi o se preferisci come un diario e quindi si può leggere la propria giornata tipo, il proprio carattere e le proprie azioni; in questo caso cosa cerca un giovane napoletano in questa società?

Oggi un giovane cerca la sicurezza. Quella sicurezza per realizzarsi professionalmente e la sicurezza di trovare una persona che sia capace di renderlo felice. La società di oggi non dà merito a questi elementi fondamentali della vita e quindi si tende a non essere ma solo ad apparire. Tutto è costruito e finto, quindi è molto difficile trovare un lavoro che rende sereni, che ti fa vivere in modo dignitoso. Una vita dignitosa è stabilità soprattutto a Napoli in cui ci sono delle difficoltà visibili.

Quali sono i valori che servono oggi al giovane e riuscire ad emergere?

Il primo valore è il rispetto per sé stesso, accettarsi per quello che si è. La difficoltà che i ragazzi di oggi hanno è che vogliono assomigliare a falsi miti, a cattivi esempi, pur di essere accettati dalla stessa società e quindi si perde la realtà di sé stessi e in sé stessi. Non si accettano i propri difetti e non si cerca di migliorarli, si cancella, nasconde tutto per un mondo falso.

Hai parlato di prospettive di futuro e di possibilità di ricerca di sicurezza, potrebbe essere una sicurezza per te scrivere ancora?

Sicuramente mi sarà la possibilità ancora una volta di poter far conoscere me stesso e delle mie nuove idee, dei miei pensieri e di ciò che penso. Sicuramente Napoli come città mi permette di raccontarmi e di raccontare, e forse se non fossi nato in questa città oggi non avrei scritto il libro.

Si parla di un protagonista che ci salverà, che troverà la sua soluzione eppure poteva essere vittima o carnefice, poteva diventare uno delle ‘baby gang’ che in questo momento in Italia, e a Napoli sono diventati la nuova paura del territorio. Cosa consiglieresti ai giovani o alle istituzioni?

Sicuramente trovare delle alternative, dove mancano bisogna crearle. Molti di questi ragazzi ‘di strada’ non hanno un’alternativa, magari non c’è neanche la mentalità del rifugio: in parrocchia come lo è stato per me. Mancano gli hobby e le passioni; nei giovani d’oggi l’obiettivo di un ragazzo del mio quartiere è quello a 12 anni di avere il motorino oppure di fare il primo atto vandalico per potersene vantare.

Il luogo è appunto un’alternativa in cui sviluppare le proprie capacità, permette ai ragazzi di rifugiarsi anche dalle difficoltà sociali. Per me lo è stata la parrocchia che mi ha permesso. Un luogo dove ho potuto far esplodere la fantasia, i valori e i principi che poi mi hanno portato anche a scrivere questo libro. Quindi il consiglio è lasciare i falsi miti e proseguire per sviluppare le proprie passioni.

A chi assomigli di più tra i personaggi del tuo libro?

Assomiglio molto a Jack perché rispecchia appieno i miei pensieri, e nel migliore dei casi anche i miei modi di fare. A volte non riesco ad essere come vorrei e quindi mi ispirò o aspiro a lui, perché, ripeto, si muove nel pieno dei valori.

Come di vedi tra qualche anno?

In un’idea tra cinque anni posso pensare di vedermi molto più simile a jack e spero di essermi realizzato professionalmente e personalmente; di essere riuscito a completare il mio percorso sentimentale con un matrimonio, una casa e una famiglia come è riuscito Jack.

Un sostantivo o un aggettivo per definirti spiegando nel motivo

(Dopo un po’, chiedendomi di pensare) Profondo. Inteso come colui che analizza tutti i lati di un evento, di un qualcosa, tutte le prospettive siano esse negative che positive. Lo si legge anche nel libro dove sono molto diretto, nei tratti profondi buoni e negativi, e sia nelle riflessioni. Quindi tirando fuori tutto ciò che è il mio pensiero, e sentendomi libero di esprimermi, ho tirato tutto ciò che io penso nel mio profondo.

Quindi profondo è una caratteristica che mi contraddistingue, anche quando parlo con una persona cerco di entrare nel profondo della discussione cerco di carpire da quella persona ciò che mi racconta. Cerco di mettere la persona nella posizione tale di poter essere libera di esprimersi come vorrei che lo si facesse anche per me.

Articolo precedenteAcquaquiglia del Pozzaro: l’antico antro riscoperto
Articolo successivoNapoli Celebra I 150 Anni della Morte di Gioacchino Rossini