La Commedia all’Italiana.

Un genere cinematografico che ha per tema elementi come la quotidianità e le persone comune, con precisi riferimenti sociali usati affinché il pubblico possa riconoscersi nelle vicende trattate, utilizzando termini comici, divertenti, ironici, umoristici per esporre argomenti che sono invece drammatici, grazie a una connotazione profondamente tragicomica. A dar vita a questo “nuovo filone cinematografico” che si affianca al neorealismo, al filone storico mitologico Peplum e lo spaghetti-western fu il regista Mario Monicelli, coadiuvato da un team di sceneggiatori composto, oltre che da lui medesimo, dal trio Suso Cecchi D’Amico & Age & Scarpelli, grazie ai quali dà vita all’apripista a quella che darà ricordata come una “stagione meravigliosa” del cinema italiano del dopoguerra.

Capannelle, un ladruncolo romano, dopo il fallimento di un furto d’auto, viene contattato dal complice Cosimo, in carcere dopo essere stato arrestato dalla polizia, per trovare un sostituto che si prenda la colpa dell’accaduto per poter mettere in atto un nuovo piano: svaligiare la cassaforte di un banco dei pegni, dove è custodita una fortuna in denaro. Mm, fallita la “sostituzione forzata” Beppe, che doveva sostituirsi a Cosimo per la detenzione, decide di portare a termine il piano insieme a Capannelle e altri tre “degni compari”: lo scalcinato fotografo Tiberio, il bibitaro Mario e il siciliano Ferribotte.

I cinque, dopo aver preso “lezioni di scasso” dal ladro in pensione Dante Cruciani, l’intramontabile Totò in una parte piccola ma veramente da antologia, lontana dal suo tipico “recitare”, aver fatto appostamenti notturni e diurni, e aver tentato di far sedurre da Beppe la servetta delle due anziane donne il cui appartamento confina con il banco dei pegni, con esiti penosi, finiranno per fallire miseramente su tutta la linea, tanto che i giornali parleranno del loro fallimento in maniera eclatante e plateale.

I Soliti Ignoti – Una finestra su un mondo ormai perduto che meritava di essere preservato

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