Questa domenica abbiamo festeggiato la festa dell’Epifania, che in Italia è strettamente legata alla tradizione della Befana.

Come ben sappiamo Epifania deriva dal termine greco ἐπιφαίνω,  che significa manifestazione, apparizione divina.

Secondo la tradizione del mondo cristiano occidentale la manifestazione del Signore ,ricordata nel brano evangelico di Matteo 2, 1-12, avviene alla presenza di alcuni magi.

Chi sono questi magi ? Quanti sono?

La tradizione e i Vangeli apocrifi ci parlano di tre re, ognuno rappresentante dei popoli presenti sula terra, portano tre doni oro incenso e menta. Il nome di questi re sono Melchiorre, Baldassarre e Gaspare.

Ma Matteo nel suo Vangelo ci parla di alcuni Magi venuti dall’Oriente, che sono alla ricerca del re dei Giudei e che portano con sé oro incenso e mirra.

Vediamo che nel Vangelo non è specificato ne il numero ne il nome dei magi. Inoltre, il termine magi, da magoi è riconducibile più ad un astrologo o ciarlatano e non a re o nobil uomini.

Il Vangelo di Matteo pone al centro della scena della nascita del Dio fatto uomo gli scartati dalla società. Gli adoratori di Gesù non sono né i sacerdoti e né il feroce e camaleontico Erode il Grande, ma pastori e indovini. Uomini che vedono nella natura il manifestarsi di Dio, a differenza dei grandi della terra che pieni di se non si accorgono dei mutamenti naturali o della presenza degli angeli che chiamano ad adorare il Dio fatto uomo.

I re magi , dopo adorato Gesù, ritornano alla loro vita, senza più oro incenso e mirra ma pieni della ricchezza del dono. Quel dono unilaterale che si manifesta nell’azione dello scambio dei doni del sei di gennaio.

L’ Epifania sicuramente nella nostra società non è più vista come una festa religiosa, ma il passo evangelico di Matteo può ancora insegnarci molto.

 

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Nato a Napoli, si laurea in scienze storiche presso l'università di Napoli Federico II. Attualmente insegna storia e filosofia.