Il Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’Università di Napoli Federico II, in questi ultimi giorni, ha scoperto alcune cellule cerebrali ben conservate in una vittima dell’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C.

La squadra che le ha ritrovate – all’interno di un cervello “pietrificato” – non si aspettava un recupero di tale portata, in perfetto stato di conservazione e con la struttura dei neuroni è ancora ben visibile, in materiale vitreo nero trovato all’interno del cranio.

Il corpo dal quale provengono è stato trovato in un letto del Collegium Augustalium di Ercolano, trasformato in tali condizioni dalle temperature elevatissime provocate dall’eruzione e poi dal rapido processo di raffreddamento.

Dai pochi esami fatti finora, si tratta di uno dei migliori esempi di tessuto del sistema nervoso centrale preservato, mai scoperto in resti archeologici umani, la cui risoluzione integrale fa del caso un evento senza alcun precedente.

Inoltre, grazie alle analisi del materiale vitreo nero sono state individuate diverse proteine altamente espresse nelle varie parti del cervello umano come corteccia cerebrale, gangli della base, mesencefalo, ghiandola pituitaria, amigdala, cervelletto, ippocampo, ipotalamo e midollo spinale.

Ora, il progetto degli esperti è una ricostruzione retrospettiva delle diverse fasi dell’eruzione, per poter valutare i tempi di esposizione alle alte temperature e di raffreddamento, determinanti non solo in ambito archeologico, ma anche per i rischi vulcanici.

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