Si sa che i vulcani fanno paura e che le conseguenze di un’eruzione improvvisa di quelli più attivi ricadrebbero sicuramente sulle coste più vicine, a danno di sfortunati insediamenti abitati.

Per molto tempo gli scienziati hanno ritenuto che questo colosso vulcanico non fosse più attivo almeno da 200.000 anni. Ma ciò è stato sconfessato recentemente da una campagna di studi promossa dal CNR (2005/2010).

Secondo le relazioni fatte dal CNR, il vulcano sottomarino, che ha 70 chilometri di lunghezza e almeno 30 dì larghezza, si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino.

La sommità del predetto vulcano è a circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno. Si trova a circa 140 chilometri dalla Sicilia ed a circa 150 chilometri dalla Calabria ed è, peraltro, vicino ad altri tre vulcani: il Vavilov, il Magnaghi e il Palinuro.

Il problema è questo: proprio gli studi cui abbiamo accennato elevarono la forte probabilità che le sue pareti rocciose potessero collassare, liberando una tale energia sottomarina da provocare forti maremoti, in direzione di Calabria, Sicilia e di parte della Campania.

Il CNR evidenziò un rischio di crolli pericolosi, sintomo di una generale instabilità. La teoria dell’inattività del Marsili da almeno 200.000 anni va rivista alla luce delle ultime scoperte, da cui emergerebbe che l’ultima eruzione sarebbe databile negli anni 5000/6000 A.C. Per questo, è da considerare attivo, esattamente alla stregua dello Stromboli, dell’Etna, del Vesuvio, dei Campi Flegrei.

FONTERicerche del CNR del 2005
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